La notte delle streghe… un po’ di storia romana.
Ormai Halloween si è imposta tra le nostre feste tradizionali e non c’è verso di evitarla.
Quando ero piccola Halloween non esisteva, non se ne parlava, ottobre era il mese delle castagne, dei tartufi e dei cachi (di cui sono super golosa) e i negozi di Roma non erano invasi da scheletri, zucche, cappelli neri e nasi aquilini.
Halloween si celebra principalmente negli Stati Uniti e nei paesi anglosassoni. Nata probabilmente per celebrare l’arrivo dell’inverno (associato alla morte) in coincidenza con la fine dell’estate, secondo il calendario celtico, si è poi modificata nel tempo fino ai moderni travestimenti, intaglio delle zucche, storie di fantasmi e spiriti. E comunque tutta la sua simbologia è legata al mondo dell’occulto.
Ma chi glielo spiega a Billa che non è una nostra festa e che la notte delle streghe a Roma si festeggia il 24 giugno? (giorno di San Giovanni, patrono della città). E mi costringe quindi a stare in cucina a sfornare cupcakes a forma di zucca, fantasma, ragnatela e mostri vari?
La nostra notte delle streghe, ormai purtroppo abbandonata, era una delle feste religiose e profane più sentite a Roma. Il 23 giugno, periodo in cui la luna è in fase crescente, nell’antichità si credeva che le streghe, a cavallo delle loro scope, sorvolassero la Basilica di San Giovanni per radunarsi in un grande sabba annuale.
Secondo la tradizione, le streghe andavano in giro a catturare le anime. La gente partiva allora da tutti i rioni di Roma, al lume di torce e lanterne, e si concentrava a San Giovanni in Laterano per pregare il santo e per mangiare le lumache nelle osterie e nelle baracche.
Mangiare le lumache, le cui corna rappresentavano discordie e preoccupazioni, significava distruggere le avversità.
Il popolo romano partecipava in massa! Si mangiava e si beveva in abbondanza e soprattutto si faceva rumore con trombe, trombette, campanacci, tamburelli e petardi di ogni tipo per impaurire le streghe, affinché non potessero cogliere le erbe utilizzate per i loro incantesimi.
La festa si concludeva all’alba quando il Papa si recava a San Giovanni per celebrare la messa, dopo la quale, dalla loggia della basilica gettava monete d’oro e d’argento, scatenando così la folla presente.
Chi crede alla leggenda adotta delle strategie per non far entrare nelle case le streghe cattive mettendo davanti all’uscio di casa rosmarino, ginepro, alloro e ulivo benedetto, oppure dell’aglio come antidoto contro i malefici e come erba portafortuna e porta ricchezza o, ancora, un mazzetto di “erbe magiche” formato da iperico, artemisia, ruta, menta e salvia.
I romani (compresa mia nonna Elena), prima di uscire di casa per andare in Piazza San Giovanni, spargevano sull’uscio di casa una manciata di sale grosso e sistemavano vicino una scopetta di saggina: questo per non far entrare le streghe in casa poiché, essendo degli esseri estremamente curiosi, oltre che dispettosi, esse si sarebbero fermate sull’uscio a contare i grani di sale ed i fili di saggina. Così facendo, però, avrebbero perso ore preziose e sarebbero state sorprese, all’alba, dai raggi del sole, che le avrebbe dissolte, essendo loro degli esseri notturni.
Nell’ambito dei festeggiamenti, dal 1891 venne organizzato annualmente, proprio durante quella particolare notte, un festival della canzone romana in seguito tramontato; dopo un lungo periodo di silenzio, dal 1991 il Festival è ripreso nell’ambito della Festa de’ Noantri, mentre la tradizionale festa di San Giovanni, purtroppo, ha perso del tutto l’antica importanza.
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