Cucina e vino. Riflessioni sul mio processo creativo

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Cucina e vino. Riflessioni sul mio processo creativo

“I’m quiet at the start of things, of days, of weeks… I’m slow. I think for a long time before I move. The gestation period of ideas and actions is at times longer than what I imagine it to be for other people. Then the shell, it cracks and from it everything springs. That’s my process. How my ideas are born: laying in silence, staring at walls, motionless and entirely eternal”.

Settembre, il mese della ripartenza, dei propositi per ricominciare la stagione più motivati e decisi, mese per me della raccolta dei foglietti di carta sparsi ovunque e condensati ora in un unico foglio (rigorosamente scritto a mano) che è la mia lista delle cose da fare per i mesi a seguire; sempre ben in vista sulla mia scrivania per evitare di perdere i pezzi e ricordarmi che non devo trascurare nulla.

Il mio processo di creatività è esattamente quello descritto sopra, nelle pacate frasi di una collega blogger. E’ un processo lento di contemplazione, riflessione, appunti sparsi, camminate silenziose apparentemente prive di senso, lunghe pause seduta a fissare il nulla ma con la mente in un groviglio di idee, immagini e parole. Spesso in compagnia di pile di libri in cui trovare poi la scintilla che darà il via a qualsiasi cosa è creatività nella mia vita: i miei post su questo blog, altri post che diventeranno altri racconti, frasi fondamentali, i nomi per i vini ideati a suo tempo e altri nomi che spesso mi chiedono di ideare.

Quello che scrivo nel mio blog fondamentalmente nasce dal cuore, da un vissuto reale, dai ricordi che non nego e non incenerisco perché sono tutti, nel bene e nel male, pezzetti del mio vissuto e comunque complementari al mio stesso essere quella che sono oggi, e non li baratterei neanche dietro lauto compenso.

Ecco perché, scrivere questo blog è sempre stato un processo abbastanza lineare. Perché attingo ai miei vissuti reali. E’ sufficiente una foto, una conversazione con qualche zia simpaticona, gli affetti, un oggetto in casa, un ricordo… tutto riconduce alla vita in cucina. In cucina come nella vita, la verità conquista sempre. Nessun lettore è contento sapendo che sta leggendo un racconto fasullo o inventato. Come si dice… il diavolo fa le pentole ma non i coperchi… e ai lettori del mondo di Aїoli piace leggere storie vere.

I miei articoli per l’Accademia della Cucina richiedono invece uno studio accurato di testi storici e una meticolosa ricerca bibliografica che mi appassiona moltissimo. Scrivere dei propri vissuti e di ricette può essere più semplice ma scrivere storia della cucina, e fare ricerca sulle nuove tendenze è sicuramente più elaborato . Gli articoli che ho scritto per l’Accademia mi hanno sempre appassionato molto. In primo luogo perché devo scrivere di cucina romana e degli usi e costumi della mia città e poi perché dopo aver redatto il pezzo, l’arricchimento culturale è sempre interessante e di grande valore.

Quando invece sono stata incaricata di pensare ai nomi per i vini, per via delle mie felici intuizioni e il mio rifuggire la banalità, il processo è stato un po’ più impegnativo.

“What’s in a name”? Scriveva Shakespeare… in un nome c’è tanto e il nome di un vino può caratterizzare notevolmente quel vino stesso.

Non ho mai avuto la presunzione di pensare di essere migliore di altri, né sono una narcisista patologica… ma diamo a Cesare quel che è di Cesare… ;-) e poiché terzi mi ritengono dotata di un grande senso estetico e di una naturale propensione all’eleganza e all’understatement, il processo creativo in tal senso è stato sempre intuitivo (più di grandi espertoni del marketing) e il risultato finale di soddisfazione e originalità, in un mondo, tra l’altro, in cui le ovvietà, la tamarragine e il qualunquismo sulle etichette regna sovrano (in questo dovremmo imparare dai francesi). Su un’etichetta si trova di tutto! Dai deliri onirici del proprietario, all’ovvio e scontato collage con nomi di figli, mogli o amanti (di cui non importa mai a nessuno se non ai familiari stessi), modi di dire e frasi fatte nonché quelle che io chiamo personalmente le “orrendità” ma che il buon senso mi impedisce di elencare in questo contesto…

Posso fare un’eccezione per alcune parole di uso comune (purtroppo) utilizzate da menti non proprio brillanti: “coccolare, coccole e tutti i suoi derivati”, “apericena”, “selfie” e mi fermo qui per non annoiare il lettore.

Cercare il nome giusto non è semplice. In questo mio processo creativo ho attinto quasi sempre alle mie conoscenze linguistiche e all’etimologia delle parole, il cui fascino su di me è immenso. Latino, greco, inglese, francese, tedesco, gaelico… non tralascio mai nessun termine, nessun concetto, nessun suggerimento sia che provenga da un libro, da un film o da un pezzo musicale. La lettura di moltissimi testi di psicologia e letteratura classica mi è sempre stata di grande aiuto. Jung in particolare è per me una continua fonte di ispirazione. Due suoi testi “Sincronicità” e il “Libro Rosso” sono una risorsa costante di idee e immagini, persino per un vino.

Questo mese è il mio mese dei libri sul tavolo e dei post-it tra le pagine per riportare alla mente intuizioni, immagini e frasi. L’autunno è un bellissimo periodo per iniziare a seminare tutto ciò che nei mesi a venire prenderà forma e si concretizzerà in quei tipici colori terra e ocra, preludio di piatti fumanti e di giornate che finiscono morbide…

 

Posted in: Blog, Il mondo di Aïoli

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