Le strambe zie di Madame Soufflé

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Madame Soufflé viene da una famiglia numerosissima (in questa foto dovevo ancora nascere e quindi non ne avevo idea…)

Tra fratelli e sorelle di mamma e papà si contano dieci zii e zie e quindi altrettanti zii e zie acquisiti,innumerevoli cugini, cugini di secondo grado, mogli e mariti dei cugini, nipoti…. Traduzione: la mia infanzia è stata segnata da feste, ricorrenze, vacanze e compleanni in cui non si era mai meno di trenta!

Tra natale, ferragosto, anniversari, scampagnate e pic nic… le cucine di famiglia si scatenavano ma i confini erano sempre ben separati e ogni zia aveva la sua specialità…

Oggi vi voglio presentare 4 delle mie strambe zie: zia Fernanda (la zia Fern di cui ho già accennato in qualche post), zia Rossana, zia Lina e zia Maria. Le altre… à la prochaine.

Zia Fern è decisa, risoluta e di modi spicci. Da sempre si sveglia alle 4 del mattino e alle 6 ha già fatto le pulizie e preparato pranzo e cena, quindi… quando telefona alle 8 del mattino e scopre che le persone “normali” hanno iniziato la giornata da poco, lei le redarguisce definendole perdigiorno e scansafatiche.

Zia Fern è rimasta ferma agli anni ‘50 e il progresso per lei non esiste. Si ostina a chiamare l’attuale Telecom, Teti (neanche la vecchia “Sip” di quando ero bambina…), dice Via dell’Impero invece di Via dei Fori Imperiali e incurante del progresso, in cucina non utilizza mai il lievito ma una miscela di bicarbonato e cremor tartaro… Anche zia Fern è romanissima e cucina proprio come mia nonna. Il suo piatto speciale di cui vi darò la ricetta è pasta e ceci.

Piccola premessa: queste ricette in alcuni casi non hanno dosi, le strambe zie non sono state in grado di dirmele, quindi arrangiatevi come ho fatto io e procedete a occhio!

La pasta e ceci di zia Fern:

prendere circa 500 gr di ceci e metterli a bagno dal giorno precedente. Il giorno dopo metterli a cuocere in abbondante acqua con sale. Quando i ceci saranno cotti (circa un’ora e mezza) prendere un tegame e versare olio, aglio, peperoncino, un paio di acciughe e far soffriggere. Aggiungere poi un po’ di pomodoro (rigorosamente pelati passati dice zia Fern), diluire con acqua e lasciar cuocere per qualche minuto. Quando questa salsetta sarà pronta, versare nella casseruola i ceci con la loro acqua di cottura (in quantità proporzionata) e appena l’acqua riprende il bollore aggiungere circa 300 gr di cannolicchietti lisci (zia Fern dice: ormai quasi introvabili!) e finire di cuocere. La minestra deve risultare molto densa. Io metto anche un rametto di rosmarino e ci sta bene, lei no. a voi la scelta.

Zia Rossana è una delle zie acquisite. Una simpaticona e un’allegrona, con una risata aperta e coinvolgente. La cosa buffa è che nonostante la sua romanità, io l’ho sempre sentita parlare barese!

Da piccola non capivo e non facevo tante domande. Il suo accento barese era un tutt’uno con lei e non mi sono mai posta il problema del perché soltanto zia Rossana parlasse quello strano dialetto, finché un giorno l’ho scoperto! Il marito barese di zia Rossana morì e lei magicamente riprese a parlare romano. Sposata da una vita con un barese, si era impossessata del dialetto, delle abitudini  e della cucina naturalmente! E quindi zia Rossana non poteva che darmi la ricetta della focaccia barese:

Queste dosi sono per un paio di focacce:

Ingredienti: ½ kg di farina 00, 150 gr di patate lesse, 12 gr di lievito di birra, 150 gr ca. di acqua, 10 gr di sale. Per condire: pomodori ciliegini o perini, olio di oliva, origano e sale grosso.

Disporre la farina a fontana sul piano di lavoro: sbriciolarvi il lievito al centro e distribuire le patate e il sale sui bordi. Sciogliere il lievito con un po’ di acqua tiepida e inglobarlo nella fontana, lavorando con l’acqua necessaria per ottenere una pasta molto morbida, liscia e compatta. Impastare per una decina di minuti, poi porre a lievitare in luogo tiepido per almeno 2 ore. Distribuire la massa in teglie tonde ben unte – questo tipo di tegame a Bari si chiama “ruoto” – e cospargerne la superficie con pomodoretti freschi, tagliati a metà e con la parte tagliata rivolta verso il basso, origano e sale. Irrorare con un filo di olio e infornare a 200° per 30’ circa.

Zia Lina è fantastica e la adoro. Lei era la zia giovane, carina, glamour e alla moda, e ancora lo è. E’ sempre stata pratica e affettuosa. Quando ero piccola, era la più moderna e à la page. Aveva una casa grande dove si poteva pattinare, i dischi dei musical in voga all’epoca, faceva le vacanze in camper e guidava macchine grandi e sportive. Zia Lina cucina benissimo, le insegnò mio papà quando era giovanissima e oggi ancora prepara i piatti così come glieli ha insegnati lui.

Insieme a me è la depositaria delle ricette di mio padre e anche di tanti ricordi di famiglia. Ci siamo consultate per questo post e abbiamo deciso di inserire la ricetta del risotto agli scampi.

Per 4 persone: 1 kg di scampi, 2 spicchi aglio, 2 cucchiai di salsa di pomodoro, 1 confezione di panna liquida fresca, olio e sale q.b., 300 gr riso.

Sgusciare gli scampi e mettere a bollire chele, teste e gusci con 1 spicchio di aglio. A fine cottura, passare il tutto nel passaverdure e tenere il brodo da parte. Sminuzzare con un coltello la polpa degli scampi facendone dei pezzetti minuscoli. Mettere sul fuoco un tegame con l’olio e l’aglio e far soffriggere, togliere dal fuoco, eliminare l’aglio, aggiungere la polpa degli scampi e rimettere sul fuoco basso e con una forchetta schiacciare finché gli scampi diventano un po’ “poltiglia”. Aggiungere il pomodoro, un po’ di pepe, il sale e la panna liquida. Far rapprendere, spegnere il fuoco e lasciare da parte. Cuocere il riso nel brodo di pesce e quando è quasi cotto (molto al dente) lo verso nell’intingolo, lo lascio finire di cuocere finché rapprende ed è pronto!

Ultima,  ma non da meno, zia Maria, anche lei acquisita, ma per me è come se ci fosse stata da sempre. Piccola, dolce, mite e riservata.

Una persona tenera e vera. Zia Maria era sinonimo di dolci, caramelle e torte. Non ricordo mai una “cosa salata” di zia Maria… ricordo solo “cose dolci”. Quando veniva a trovarci, apriva la sua borsa e tirava sempre fuori qualche caramella, spesso le “Rossana” che io ancora compro perché me la ricordano tanto e le amiche mi prendono in giro perché mi dicono che compro le caramelle “antiche”! Zia Maria è stata anche molto provata dalla vita ma lei è sempre lì, piccola, sorridente e forte. Se viene a trovarci o noi andiamo a trovare lei, non manca mai la sua famosa torta di mele con la quale ci ha deliziate per tutta l’infanzia. Voilà la ricetta:

½ kg di pasta frolla (che io faccio con la ricetta di mia mamma, ma in dose doppia):

Ingredienti: 200 gr farina, 1 hg zucchero, 1 hg burro ammorbidito, 3 tuorli, la scorza di un’arancia grattugiata, 1 bustina di vaniglina, Unisco tutti gli ingredienti e lavoro la pasta con le mani finché non diventa bella liscia e omogenea. Poi la lascio riposare nel frigorifero per mezz’ora circa.

Per il resto della ricetta zia Maria è stata vaga… lei fodera uno stampo per torte con una prima parte di pasta frolla, poi mette uno strato di marmellata di albicocche, adagia le fettine di mela tagliate sottili e bagnate nel vino bianco (questo è fondamentale! dice lei), sparge un po’ di zucchero semolato, copre con un altro strato di pasta frolla e cuoce in forno a 180° ma non mi ha detto per quanto tempo! Lei fa ad occhio, quindi… regolatevi da sole. Quando è pronta e raffreddata la cosparge di zucchero a velo.

Bon appétit!

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