Palermo, il maialino nero dei Nebrodi e il Libro Rosso di Jung
“Stelle, sogni e fiabe. Fate, streghe e maghi… bella la vita quotidiana quando si crede alla magia. Si, perché la vita ha elementi magici che non vanno trascurati. Sono i piccoli piaceri della vita che arricchiscono il destino, creano coincidenze, illuminano il cammino”. Cara Gypsy (ti cito sempre con grande piacere) è proprio così.
Mi sveglio oggi e torno nel mondo reale solo per scrivere questo post, dopo alcuni giorni ospite da amici di famiglia dove sto trascorrendo del tempo incantato e magico, lontano dalla tecnologia, in compagnia delle stelle, del mare e dei castelli… Quella che descrivo è la mia di Palermo, quella nota a pochissimi, i suoi dintorni che per me non hanno misteri, la mia città delle fiabe da quando ero bambina.
Giorni incantati in un castello a picco sul mare, circondata da alberi di arance, fichi d’india, fiori di zagara ed erbe aromatiche. Tanta storia racchiusa tra arazzi e stemmi che da bambina osservavo a malapena ma che mi sono rimasti nel cuore e ora mi fanno sentire a casa e mi hanno accolto con il calore di sempre.
La bellezza di sparire dal mondo e passare intere giornate in un contesto fiabesco, bere il caffè del mattino passeggiando in questa vegetazione meravigliosa e profumata, fare la spesa nel paesino dei pescatori e pensare a come cucinare le delizie prese al mercato locale. Una sola deviazione verso Palermo, ma soltanto per immergerci di nuovo nel fiabesco Palazzo Gangi Valguarnera, storico palazzo del XVIII secolo, unico nel panorama siciliano. Ripercorrere gli stessi itinerari dell’infanzia e accorgermi che lì dentro nulla è cambiato, la stessa forte emozione nel camminare nel salone del Gattopardo, fotografare con gli occhi le meravigliose sale affrescate, rincontrare lo sguardo dolce e altero del ritratto di “nonna Giulia” principessa di Gangi e infine, il tempo di sistemare e dare gli ultimi ritocchi per una cena di gala e di nuovo via verso il paesino di Santa Flavia. Questo mondo è un altro mondo. È il mondo delle mie fiabe di bambina, di una Sicilia speciale e un po’ privilegiata (lo ammetto) che ho sempre portato nel cuore e che mi circonda da sempre di cose belle e di storie affascinanti.
Mentre penso a come cucinare per la sera il nostro maialino nero dei Nebrodi, passeggio in biblioteca e trovo uno dei libri per me fondamentali… Il “Libro Rosso” di Jung. Il mondo di Aїoli ve lo consiglia assolutamente e scusatemi ma qui devo dilungarmi e darvi un po’ di informazioni su questo testo prezioso che vale la pena sfogliare…
Cito testualmente: “Jung lavorò al Libro Rosso per oltre sedici anni, dal 1913 al 1930 ma fu pubblicato postumo, soltanto nel 2009. Egli lo definì la sua opera capitale in cui aveva deposto il nucleo vitale e di pensiero della sua futura attività scientifica. Il manoscritto, compilato in testo calligrafico e sostenuto da numerose illustrazioni che evocano immagini fantasmatiche, è considerato un esercizio di immaginazione attiva, pratica che Jung teorizzò come strumento di scoperta ed analisi dell’inconscio.
Il Libro Rosso è, a tutti gli effetti, il libro segreto di Jung, scrigno privato di un’anima che lì si cela nella sua nudità e che un comprensibile pudore ha inteso proteggere da sguardi curiosi. Le immagini interiori evocate nell’opera provengono infatti da un aldilà mitico, in cui esse si caricano di una potenza che le rende a un tempo guaritrici e pericolose. Quella che Jung chiamerà più tardi “immaginazione attiva”, è appunto lo strumento inedito di cui egli si servì, nel corso della sua “discesa agli inferi”, per suscitare i contenuti archetipici della psiche e oggettivarli attraverso il dialogo interiore, la scrittura, la pittura, la scultura. È a tutti gli effetti un libro d’arte di superiore qualità, e volutamente prezioso: perché messo al servizio di un progetto esistenziale il cui scopo è il compimento del proprio mito personale, la rappresentazione simbolica di un significato esistenziale che è e deve rimanere segreto, l’automanifestazione della Vita entro una vita”. Chiaro?
Ma poiché mi rendo conto che sto divagando e qui dobbiamo soprattutto parlare di cucina, abbandonerò Jung e passerò al nostro maialino nero dei Nebrodi. Dal macellaio mi sono anche fatta tagliare delle fettine sottili di pancetta della stessa carne perché voglio prepararlo così:
Ingredienti: 1,3 kg circa di lombata di maiale, 6/8 fettine di pancetta, sale marino grosso (quello delle saline di Trapani…) e pepe nero macinato, qualche spicchio d’aglio fatto a pezzettini o macinato, foglie di timo fresco e olio di oliva.
Procedimento: ricoprite l’intera lombata di maiale con le fettine di panceetta e condirla con sale e grosso e pepe, mettetela in una teglia e profumatela con l’aglio e il timo e aggiungete poi una spruzzata di olio di oliva.
Mettete in forno (il macellaio ha consigliato di non preriscaldare il forno e di cuocere lentamente e a bassa temperatura in modo da farlo rotolare nel suo stesso grasso) e accendete a 140°. Arrostite la carne per un’ora e 15 minuti.
Per rimanere in tema… sto pensando di accompagnarlo con un purè di patate all’aglio…
Nel frattempo, sistemo la tavola e guardo fuori. Ci siamo solo noi, i cani, il mare, le stelle e qualche lucciola… Mi reimmergo nella mia fiaba in compagnia dei miei maghi.
A presto
p.s. Grazie ad Elisa e ad altre amiche lettrici per avermi scritto che il mio blog vi piace e lo leggete volentieri perchè è delicato e aggraziato.