La mia cena ebraico romanesca con un assaggio di Trentino…

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La mia cena ebraico romanesca con un assaggio di Trentino…

Nel giorno della memoria, ho deciso di dedicare questo post ai preparativi per la mia cena ebraico romanesca e celebrare la cucina ebraica così densa di significato e di simbologia.

Questa data è stata scelta perché è mio desiderio, insieme all’Accademia Italiana della Cucina, essere vicina a tutta la comunità ebraica e domani ci ritroveremo al Ghetto per celebrare la sua cucina il cui fascino è dovuto anche agli innumerevoli riti e cerimonie religiose da cui sono poi scaturiti menù e ricette.

Mi sono dedicata all’organizzazione di questa serata con molta cura, assistita da Roberta, amica e collaboratrice preziosa in questo mio desiderio di entrare nel vivo della cucina della mia città che si fonde inevitabilmente con la tradizione ebraica.In qualità di simposiarca, la mia è stata una scelta sentimentale, perché sono nata e vissuta vicino al Ghetto, che ho sempre considerato “il mio quartiere”. Naturalmente è molto cambiato da quando ero bambina. Il Ghetto dei miei ricordi era un quartiere abbastanza chiuso e isolato, non troppo aperto alle contaminazioni e molto geloso delle sue tradizioni e della sua cultura. Oggi è un quartiere vivace culturalmente e culinariamente. Le nuove aperture di ristoranti tradizionali e bar kosher hanno permesso la diffusione di questa cultura così affascinante e che io personalmente sento così vicina.

Prima delle demolizioni e delle ricostruzioni ottocentesche il Ghetto si presentava come un nucleo di viuzze, vicoli affollati, stradine chiuse, botteghe e sopraelevazioni. E’ impossibile oggi immaginare il fitto tessuto architettonico prima dell’isolamento del Colle Capitolino e del Teatro Marcello. Il Ghetto non venne totalmente demolito ma rasato al livello del piano stradale. Le famiglie ebraiche residenti sono poche, sono rimasti soprattutto gli anziani ma il ghetto continua ad essere il punto di riferimento emotivo e culturale dove ci si riunisce per celebrare le feste religiose.

Il posto che ho scelto per la conviviale di domani sera è un posto aperto recentemente dai fratelli Dabush, già proprietari di Ba Ghetto e Ba Ghetto Milky. Il nome “Su Ghetto” è un gioco di parole tra Ghetto e “sugo” ovviamente e la sua caratteristica è che propone piatti della tradizione ebraico romanesca, senza contaminazioni medio orientali di importazione più recente. Il locale è parte di un palazzo del 1400 di proprietà di una nobile famiglia romana, in cui il proprietario inserì dei resti archeologici del Portico d’Ottavia che sono tutt’ora visibili nella sala che ci ospiterà per la serata.

I piatti da me scelti sono piatti che tradizionalmente le famiglie ebraiche preparano in casa e che non troviamo spesso nei ristoranti di cucina ebraica e a questo proposito vorrei anche ringraziare lo chef che si è reso disponibile a prepararli per noi. La cucina ebraico romanesca è essenzialmente semplice, basata su elementi poveri, valorizzati nella loro preparazione. Le difficoltà di approvvigionamento e le faticose condizioni di vita del ghetto hanno indotto le donne a fare di necessità virtù adattando gli ingredienti a disposizione alle regole alimentari kasher. Sulla tavola degli ebrei romani un posto d’onore è riservato sicuramente al pesce per la vicinanza con il mercato del Portico d’Ottavia. Sono caratteristici i pesci in agrodolce come le triglie con uvetta e pinoli che assaggeremo domani sera, forse un’eredità culinaria dell’antica Roma.

Gli altri piatti saranno poi una sorpresa… Oggi svelo soltanto l’assaggio finale delle “Susine di Dro” che ho inserito con grande piacere nel menù poiché si tratta di un prodotto DOP che rientra in un progetto di valorizzazione e riscoperta della Susina (o Prugna nera di Dro) sul piano alimentare, paesaggistico, storico, culturale, di comunità (sociale) ed economico. E’ un frutto che ha rappresentato fino agli anni ’70 una risorsa importante da molti punti di vista per il territorio delle Valli del Sarca in Trentino. Oggi la produzione è notevolmente diminuita a causa dell’evoluzione del mercato e la ristretta quantità disponibile rende questo frutto un elemento ancor più prezioso e degno di attenzione e cura, sia dal punto di vista nutrizionale che culturale. La mia cara amica Virginia, impegnata nel progetto di tutela, conservazione e diffusione della susina del suo territorio ne ha fatto dono a noi accademici perché potessimo apprezzare un frutto così versatile e così invitante, oltre che per il tradizionale consumo fresco, anche nella sua versione essiccata, utilizzata per preparare succhi, confetture, gelati, sciroppi, bevande fermentate e distillati. È considerata un ottimo ingrediente per dolci come la torta rovesciata alle susine, il clafoutis alle susine e il crumble cake alle susine.

Poi con le ricette ci sbizzarriremo perché di idee ne abbiamo tante!

Considerata la nostra cena “impegnativa” ho suggerito allo chef di servire le susine essiccate a fine serata, macerate in un vino rosso kasher (naturalmente) e aromatizzate con cannella, anice stellato e scorzette fresche di arancia. Spero di rendere omaggio a Virginia, alla nostra amicizia e ad un prodotto eccezionale che sicuramente domani rallegrerà e scalderà la nostra conviviale.

 

Posted in: Blog, Il mondo di Aïoli

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2 Comments

  1. Un bel post che dimostra cosa si nasconde dietro di te: passione, dedizione, ricerca e stile.
    Non conoscevo le Susine di Dro.

  2. Grazie cara Rossella e detto da te, che sei una delle foodblogger che stimo di più, mi sento veramente lusingata! Le susine di Dro sono spettacolari e vale la pena farle conoscere.
    Te le farò assaggiare e se ti fa piacere possiamo ideare una ricetta in due, un pane particolare forse? : )

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